Il ritorno della bestemmia

profanityStrano destino quello della bestemmia in Italia in questo inizio di millennio. Nel 1999 il Decreto Legislativo n. 507 del 30 dicembre depenalizzava il relativo reato, previsto dall’articolo 724 del Codice Penale, trasformandolo in illecito amministrativo. Ciò in linea con la tendenza che, nel corso del tempo, ha visto molti comportamenti che per secoli sono stati riprovati come lesivi della morale e della norma divina progressivamente sfuggire al controllo della legge per ricadere in quello della coscienza e della sfera personale. Sulla stessa falsariga, anche il turpiloquio, fino a poco fa reato penale, è stato abrogato. Al tempo stesso, sembra che la bestemmia sia tornata ad acquisire rilevanza in relazione a una serie di contesti sensibili, che tradizionalmente facilitano l’espressione di parolacce e imprecazioni. Mi riferisco al mondo della scuola (oggi rivolgere parolacce a un compagno di classe può configurare una manifestazione di bullismo), al mondo del lavoro (per una parolaccia o bestemmia si può essere accusati di mobbing), al mondo delle relazioni inter-nazionali o inter-etniche (parolacce o bestemmie possono essere percepite come una forma di razzismo) e a quello dello sport.

È del 13 settembre di quest’anno la decisione del giudice sportivo della FIGC Gerardo Mastrandrea di squalificare Rolando Maran, allenatore del Chievo Verona, perché «dopo la segnatura di un gol da parte della squadra avversaria, imprecando senza rivolgersi ad alcuno dei presenti, veniva, tuttavia, chiaramente inquadrato dalle riprese televisive mentre proferiva espressione blasfema, articolata in due locuzioni, individuabili dal labiale senza margini di ragionevole dubbio». Ciò perché il Codice di Giustizia Sportiva della FIGC stabilisce, dal 19 febbraio 2010, all’art. 19, comma 3bis, lett. a che “In caso di utilizzo di espressione blasfema, in occasione o durante la gara, è inflitta: a) ai calciatori e ai tecnici, la sanzione minima della squalifica di una giornata”.

Il caso di Maran non è unico. I primi calciatori a essere sanzionati furono Domenico Di Carlo del Chievo Verona e Davide Lanzafame del Parma seguiti a ruota da tanti altri di Serie A e delle serie inferiori, tra cui Sergio Pellissier (sempre del Chievo Verona), Kakha Kaladze del Milan, Luca Siligardi del Livorno, Salvatore Campilongo, allenatore dell’Empoli.

Come si spiega questa evidente contraddizione? Perché da un lato il Codice Penale (e non solo in Italia) diviene storicamente sempre più tollerante nei confronti della bestemmia, mentre altri Codici di Giustizia creano nuove forme di reato da sanzionare? Eppure, ad esempio nel calcio, non sembra affatto che ci sia un aumento delle bestemmie da parte dei calciatori. Non è credibile, dunque, interpretare queste sanzioni come una punizione nei confronti di un malcostume dilagante. Si tratta, allora di una rinnovata tutela della sensibilità religiosa? Può darsi. A mio parere, questo fenomeno rientra nella tendenza, propria di ogni società, a interpretare fenomeni un tempo percepiti come trascurabili o indifferenti come comportamenti esecrabili e suscettibili di intervento penale in ragione dello spostamento della soglia di tolleranza morale. Mi riferisco a comportamenti quali: maestre che maltrattano bambini all’asilo o alle scuole elementari; dipendenti pubblici che timbrano l’entrata ed escono dall’ufficio o timbrano per altri; il fenomeno dei falsi invalidi; fumare in ufficio e così via. Tutti fenomeni ampiamente tollerati fino a pochi anni fa e oggi etichettati come devianti, intollerabili, “mostruosi”. Come dico nel mio libro Mancini, mongoloidi e altri mostri, ogni società, compresa la nostra, ha bisogno di creare il mostro, lo strano, il diverso per confermare la propria idea di ordine e, essendo stati riassorbiti nell’alveo della normalità una serie di comportamenti prima ritenuti irregolari come l’omosessualità, l’adulterio e la decorazione tatuata, si ha oggi un disperato bisogno di individuare i nuovi mostri su cui scagliare la nostra esecrazione. Penso che ogni sociologo e criminologo dovrebbe occuparsi di questo fenomeno i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti. Cambia la morale, cambia la legge, cambiano i mostri. Ma ogni società ha bisogno di produrre i suoi mostri per essersi e sentirsi ordinata.

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