I Deficientes in Portogallo

Deficientes. È così che in portoghese vengono chiamati i disabili o le persone con disabilità. Attenzione, però, a non cadere vittima dei “falsi amici”, come sono detti in linguistica i termini che, in una lingua, assomigliano a quelli di altre lingue, ma con significato diverso. Deficientes non è un termine offensivo nei confronti dei disabili, almeno non più di quanto lo sia lo stesso “disabili”.

Detto questo, mi ha colpito ciò che ho visto nel corso di un breve, recente viaggio in Portogallo. Nella metro di Lisbona, per due giorni consecutivi, ho incrociato alcune persone cieche che, durante il percorso, servendosi di un bastone da passeggio e stringendo in mano una cassettina in legno ben rifinita e non improvvisata o adattata, chiedevano l’elemosina, ripetendo in continuazione una formula di aiuto monotona. Ciò che mi ha colpito è che nessuno dei questuanti indossava gli occhiali neri che, in Italia, siamo abituati ad associare alla cecità. Anzi, la diversità degli occhi era esibita, quasi ostentata. In secondo luogo, ho riscontrato la sostanziale indifferenza dei viaggiatori al passaggio di queste persone, segno, a mio avviso, della consuetudine di tali apparizioni nella metro portoghese, più che di insensibilità.

Questo incontro mi sollecita alcune domande e riflessioni. Lo status delle persone cieche in Portogallo è diverso da quello che esse hanno in Italia? Certamente, i ciechi sembrano avere una maggiore facilità di circolazione e di accesso ai mezzi di trasporto in Portogallo che da noi. Ma perché proprio i ciechi chiedono l’elemosina? Da noi, questo non succede praticamente mai. Chi chiede l’elemosina in Italia, sul treno o in metropolitana, appartiene ad alcune categorie codificate, così descritte dai viaggiatori: “zingari”, “suonatori” (le due cose possono coincidere), “tossici”, “disoccupati” (o almeno che così si definiscono). Aggiungerei vagamente “altri marginali”. Raramente mi è capitato di vedere disabili. In strada, invece, è più facile vedere persone cieche o mutilate che chiedono denaro. Qual è la spiegazione di questa differenza? E perché i ciechi in Portogallo hanno con sé una cassettina ad hoc per l’elemosina, mentre da noi i questuanti raccolgono le offerte in mano, nelle tasche o in cartoni e simili? È quasi come se il ruolo del questuante in Portogallo fosse più codificato e prevedesse una tecnica di richiesta delle offerte e degli strumenti precisi per la loro raccolta. Ma naturalmente potrei sbagliarmi. Quali sono poi le politiche sociali portoghesi nei confronti dei ciechi? Quello che ho visto è un episodio circoscritto o rimanda a un atteggiamento sociale nei confronti di questa disabilità? Insomma, un mucchio di domande infinite che attendono risposta. Ma una cosa è certa: la disabilità è un fenomeno sociale e, come tale, riceve un trattamento diverso da società a società che varrebbe la pena registrare e documentare.

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