Come uccidere e farla franca con la propria coscienza

Bernardo di Chiaravalle, nato nel 1090, morto nel 1153 e divenuto santo nel 1174 e dottorebernardo della Chiesa nel 1830, è noto, fra l’altro, per la sua opera De laude novae militiae ad Milites Templi, scritta, tra il 1128 e il 1136, in onore di Hugues de Payns, primo maestro dell’Ordine dei Cavalieri Templari. Sorta di apologia del neocostituito Ordine dei Templari, giustificazione intellettuale, su base religiosa, della lotta contro eretici e infedeli, il De laude novae militiae è ancora oggi noto per il concetto di “malicidio”, in esso esposto, secondo cui, se è vero che i cristiani, in virtù del Quinto Comandamento, non possono uccidere, l’uccisione di un infedele, di un eretico o di un pagano, giudicati come nemici della Chiesa, è ammissibile al fine di estirpare da loro il male e impedire che ne facciano. Il concetto di malicidio, dunque, è un meccanismo di razionalizzazione che rende possibile alla coscienza del cristiano uccidere senza troppe esitazioni morali. Uccidere un infedele diventa, in questo modo, un servizio meritevole reso alla causa divina: il cristiano che uccide è un carnefice autorizzato da Cristo contro i malvagi. Come dice lo stesso Bernardo nella sua opera: «Il Cavaliere di Cristo uccide in piena coscienza e muore tranquillo: morendo si salva, uccidendo lavora per il Cristo». Concetto più tardi ribadito in una sua lettera: «La morte inflitta o ricevuta nel nome di Cristo da un canto non ha nulla di criminale, dall’altro merita una gran gloria».

Si è molto insistito, negli ultimi tempi, sulle razionalizzazioni che i terroristi islamici adoperano per commettere i loro atti di sangue: richiami a questo o quel verso del Corano, a questo o quel detto del profeta ecc. Dimentichiamo, però, che anche i cristiani dispongono storicamente delle loro razionalizzazioni per uccidere a partire dalla nozione di “guerra giusta” abbozzata da Agostino d’Ippona fino, appunto, alla nozione di malicidio di Bernardo di Chiaravalle e alle speculazioni di Tommaso d’Acquino.

E a chi pensasse che queste idee sono cose del passato, bisognerebbe ricordare, ad esempio, che il manifesto del noto terrorista norvegese Anders B. Breivik, autore il 22 luglio 2011, di una strage in cui sono morte 77 persone, riporta in copertina proprio la scritta De laude novae militiae ad Milites Templi. Si tratta, per fortuna, di un caso isolato, che però ci dice che queste razionalizzazioni sono strumenti retorici e ideologici sempre disponibili e utilizzabili, anche a distanza di tempo. Ogni religione può, se vuole, giustificare omicidi e stragi, indicare i propri “maestri” di pensiero e commettere gli atti più atroci, mantenendo immacolata la coscienza. Nel buon nome di Dio, naturalmente.

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